Il sorriso fa parte del nostro modo di comunicare innato; si pensi ai neonati, nei quali il sorriso sociale si manifesta a partire dai due mesi di vita, oppure alle persone non vedenti dalla nascita che sorridono in modo automatico, senza mai aver visto un sorriso.
Il sorriso è un gesto sociale che ci permette di comunicare senza parlare. Lo utilizziamo quotidianamente per relazionarci con gli altri, per esprimere emozioni e stati d’animo, per rilassarci, per generare ottimismo e fiducia, per sedurre e flirtare. Non a caso Audrey Hepburn credeva fermamente che il sorriso fosse l’accessorio più bello che una donna potesse indossare.
Eppure, i sorrisi, anche in questo periodo in cui siamo costretti a nasconderli sotto le mascherine, si vedono e questo perché ad essere coinvolta non è solo la bocca.
Guillaume-Benjamin Duchenne: il medico che studiò i muscoli del sorriso
Guillaume-Benjamin Duchenne è un medico francese nato nei primi anni dell’800 che dedicò vent’anni della sua carriera a studiare il modo in cui i muscoli facciali vengono utilizzati per trasmettere emozioni.
Attraverso uno speciale strumento, uno stimolatore elettrico faradico, applicato a determinati punti della pelle, era in grado di stimolare, in modo indolore ed estremamente localizzato, i muscoli sottostanti con enorme precisione. Riuscì così, per primo, a catalogare tutti i muscoli del volto umano e le espressioni emozionali derivanti dalla stimolazione. Inoltre, essendo un appassionato fotografo, riuscì a documentare queste ricerche con un’eccezionale serie di immagini.
Fra le varie scoperte, nel corso dei suoi esperimenti, Duchenne si accorse che dai suoi soggetti, quando stimolati elettricamente, non riusciva a ottenere un sorriso convincente. Provò quindi a confrontare quali muscoli si muovessero con un sorriso indotto dagli elettrodi con uno più spontaneo, provocato da una battuta spiritosa.
Quando sorridiamo per cortesia oppure per ingannare l’interlocutore facendogli credere che siamo felici, tutti i muscoli attorno alla bocca si attivano in maniera molto simile al sorriso naturale. A questo sorriso manca però qualcosa: sono i muscoli intorno agli occhi e alle sopracciglia che si muovono soltanto se il sorriso è sincero e genuino. Ed ecco la scoperta e la nascita del “sorriso Duchenne”.
Ma perché è così speciale questo sorriso? Qual è il suo segreto?
Il sorriso di Duchenne, tra tutti i sorrisi, è quello più genuino, sincero, magico perché è generato dalle emozioni positive e dall’allegria. Così, fra tutti i gesti che può riflettere il volto umano, questo è senz’altro uno dei più attraenti e sorprendenti. La scienza lo studia da decenni, proprio per il suo potente effetto. E non sorprende che ci siano corsi per imitarlo e pertanto trasformarlo in un sorriso falso. Questo potente gesto sociale, infatti, è in grado di sedurre, convincere, attrarre, ingannare.
Come riconoscere il vero sorriso di Duchenne?
Il sorriso di Duchenne ha origine dalla contrazione dei muscoli zigomatico maggiore e zigomatico minore vicino alla bocca; i quali a loro volta sollevano l’angolo del labbro. Oltre a coinvolgere la bocca però il vero sorriso di Duchenne provoca la contrazione sia delle guance che dei muscoli orbicolari vicino agli occhi (orbicularis oculi), formando delle piccole rughe (le cosiddette zampe di gallina).
Lo psicologo Paul Ekman, famoso per i suoi studi nell’ambito dell’espressione delle emozioni, ha individuato 18 diversi tipi di sorriso, le emozioni associate a ciascuno di essi e i muscoli facciali implicati in ognuno.
Ekman dimostrò, in uno studio pubblicato su una rivista di psicologia sociale, che è possibile riconoscere il vero sorriso di Duchenne dall’espressione del viso, ma anche dallo sguardo; perché è lì che si riflette la felicità, il benessere o la complicità più autentica.
Il sorriso di Duchenne è controllato dalla corteccia motoria e dal sistema limbico. Che cosa significa questo? In sostanza, che è un gesto che coinvolge la parte emotiva del cervello. Tutto ciò porta alla conclusione che i sorrisi sinceri e genuini provengano da questa parte del cervello, dove le emozioni positive inducono a contrarre gli occhi e donano ad essi una luce speciale.
Volete un esempio? Pensate a Julia Roberts, splendida cinquantenne, con quel sorriso che illumina gli ambienti e scalda il cuore. Perché quando Julia Roberts ride, con lei ridono gli occhi e le si accende tutto il viso. Il suo è un sorriso contagioso, luminoso, coinvolgente, radioso, solare, allegro, ampio, aperto, accattivante e soprattutto abbagliante. E non solo perché è un’attrice!